Data dell'accaduto: 19/08/2015
Luogo dell'accaduto: Napoli
Anni: 32
Vittima di violenza di genere
Breve storia dell'accaduto
Arianna muore dopo un volo dal quarto piano dal balcone di casa sua all'interno del Parco di via Montedonzelli, nel quartiere Vomero di Napoli.
Fin da subito i sospetti ricadono sul fidanzato di 32 anni.
Il suicidio arriva al culmine di una lunga storia di maltrattamenti.
La storia tra Arianna e l'uomo è una storia d'amore malata che va avanti da quando lei ha 18 anni.
Una storia di violenze fisiche e verbali, ma anche di continue richieste economiche da parte dell'uomo, che non ha un lavoro stabile.
Dalle indagini emerge anche una presunta richiesta di 19mila euro che l'uomo avrebbe avanzato alla compagna e alla mamma di lei nei giorni precedenti il suicidio di Arianna.
La coppia nel 2012 va a vivere insieme in un appartamento messo a disposizione dai genitori di Arianna nello stesso palazzo dove la donna era cresciuta.
L'uomo "umiliava e offendeva Arianna fino a ridurla in uno stato di soggezione completa". Arianna è una ragazza di chiesa, fedele ed onesta.
La Procura di Napoli, dopo la denuncia dei genitori di Arianna, apre un'inchiesta per due ipotesi di reato: omicidio ed istigazione al suicidio.
Il 29 maggio del 2020 i giudici della Terza Sezione della Corte di Assise del Tribunale di Napoli, con a capo il presidente Roberto Vescia, emettono la condanna a 22 anni di carcere, con aggiunta di 4 anni in più rispetto ai 18 anni richiesti dal pm Lucio Giugliano in sede di requisitoria.
L'accusa è di maltrattamenti ed istigazione al suicidio.
In secondo grado, il 29 marzo del 2021, la Quinta Sezione della Corte di Assise di Appello di Napoli (presidente Rosa Romano, giudice a latere Taddeo) condannano a 19 anni di carcere l'uomo.
Nel novembre del 2021 la Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso dei legali dell'uomo e conferma la condanna a 19 anni di reclusione.
L'uomo è stato inoltre condannato dalla Suprema Corte al pagamento di ulteriori spese nei confronti delle parti civili: l'associazione Salute Donna (rappresentata dall'avvocato Giovanni Cacciapuoti) ed i genitori e la sorella di Arianna.
Nelle motivazioni della sentenza di secondo grado si legge che il suicidio di Arianna Flagiello fu "un gesto prevedibile" e prevedibile solo dall'uomo, che era l'unico a conoscenza della triste realtà in cui Arianna si trovava per causa sua proprio per via di quelle continue vessazioni che la donna subiva tra le mura domestiche; inoltre, hanno rilevato i giudici, l'uomo era pienamente consapevole della "condizione di estrema fragilità e di vero terrore" in cui aveva ridotto la compagna.
L'uomo, da quando Arianna è caduta da quel quarto piano, è sparito con l'intera famiglia. Non ha ritenuto necessario un confronto, non seguì Arianna in ospedale pur sapendo che era ancora viva.
La sorella di Arianna, Valentina, la ricorda con queste parole: "Ognuno di noi vorrebbe morire guardando negli occhi e stringendo la mano di chi ama. Arianna è morta guardando un infermiere sconosciuto e dicendogli che non voleva morire. Cercava aiuto, ma è stato troppo tardi. Adesso io e la mia famiglia viviamo nell'attesa di rivederla, di rifarci del tempo perduto e strappatoci improvvisamente e se così non fosse avremo vissuto nella consapevolezza di esserci impegnati ogni giorno per restituire verità e giustizia alla storia della nostra carissima Arianna". Valentina aggiunge: "Ad oggi, non passa giorno che un amico/a di Ary non ci contatti e, con un pretesto qualsiasi, ci ricorda l'allegria e la dolcezza di Arianna che era una ragazza semplice, solare e con una leggerezza negli occhi che sapeva rassicurare tutti. Con il tempo questa leggerezza era diventata forse insostenibile da mostrare agli altri, non c'era più. Era diventato tutto pesante, tutto terribile, non bastavano più i suoi mille sforzi per accontentare i vizi e le pretese dell'uomo che diceva di amarla. Siamo circondati da tanto affetto e questo tiene Arianna sempre in vita, sempre qui con noi!".
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