Velia Carli

Velia Carli e Salvatore Lauro

Data dell'accaduto: 02/08/1980

Luogo dell'accaduto: Bologna

Anni: 50

Vittima del terrorismo

Breve storia dell'accaduto

Salvatore Lauro  e sua moglie Velia Carli sono in attesa presso la Stazione di Bologna di una coincidenza che li porti a Maestre. Sono lì ad attendere, costretti da un ritardo accumulato del treno che da Brusciano (vicino a Napoli) avrebbe dovuto condurli a Mestre, ma l'esplosione alla stazione ferroviaria non permetterà più a Salvatore e Velia di raggiungere la meta e soprattutto  di  rivedere i sette figli, di cui due minori. Uno dei figli della coppia, Aurora, che avrebbe dovuto sposarsi la domenica successiva, ha chiesto  e ottenuto, successivamente alla strage, di poter tenere con sé e il futuro marito i due fratelli minori.

Patrizia, una delle sorelle maggiori, racconta: "Non ci crediamo ancora, per noi papà e mamma non sono morti, è un po' come se fossero partiti e non fossero ancora tornati. […] Sono stata io a dire alla mamma, quel venerdì sera, di non partire in auto. Era stanca, aveva fatto una giornata di lavoro, io le ho detto di prendere il treno. […] Sembrava che sentisse qualcosa. […] Pochi giorni prima, parlando della morte che ancora non aveva mai toccato la nostra famiglia, mi aveva detto: "Se capita una disgrazia ricordatevi che sono cose da affrontare e da accettare, non da mettere da parte".  

Sono le 10.25 di sabato 2 agosto 1980.  Un ordigno esplode nella sala d'aspetto di seconda classe della stazione ferroviaria di Bologna. L'esplosione provoca il crollo della struttura sovrastante le sale d'aspetto e il crollo di trenta metri della pensilina. L'esplosione investe anche due vetture di un treno in sosta al primo binario. Le conseguenze dell'esplosione sono terrificanti anche perché la stazione è molto affollata, in un giorno prefestivo di agosto. Il bilancio della strage è tragico: ottantacinque persone restano uccise, oltre duecento le persone ferite. La città si trasforma in una gigantesca macchina di soccorso e assistenza. Il presidente della Repubblica Sandro Pertini, giunto nel pomeriggio a Bologna, afferma: «Siamo di fronte all'impresa più criminale che sia avvenuta in Italia, al più grave attentato dell'Italia repubblicana».

Il percorso giudiziario per inchiodare i responsabili alla responsabilità dell'attentato è lungo e complicato: 27 anni di processi, l'ultimo dei quali si è concluso nell'aprile 2007.  Ancora oggi risulta  aperto un ulteriore filone dell'indagine.

Per la strage sono stati condannati in via definitiva tre appartenenti a un gruppo della destra eversiva, che in quegli anni erano stati autori, coautori o complici di omicidi terroristici quali quelli del magistrato Mario Amato e degli agenti di Polizia Maurizio Arnesano e Francesco Evangelista.

Il progetto del gruppo terroristico è sconcertante. L'obiettivo era di disarticolare il sistema, ricorrendo a forme di terrorismo sia indiscriminato sia contro obiettivi bene individuati. Un progetto che, secondo questi, avrebbe determinato quasi automaticamente un estendersi della lotta armata.

Nelle sentenze il progetto indicato è esposto in un documento stilato da un altro terrorista di estrema destra nei cui confronti, appena due giorni prima, era stata depositata ordinanza di rinvio a giudizio per la strage del treno Italicus del 22 maggio 1974 e che con i giovani che sarebbero stati condannati per la strage alla stazione aveva «non solo piena consonanza ideologica, ma anche familiarità».

La sentenza definitiva giunge nel 1995: il 23 novembre, la Corte di Cassazione condanna all'ergastolo, quali esecutori dell'attentato, i neofascisti dei NAR Giuseppe Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, che si sono sempre dichiarati innocenti. Condanna, per il depistaggio delle indagini, l'ex capo della P2 Licio Gelli, l'ex agente del SISMI Francesco Pazienza.  Il 9 giugno 2000 la Corte d'Assise di Bologna ha emesso una nuova condanna per la stessa motivazione e nel 2007 arriva anche la condanna definitiva in Cassazione per  per Luigi Ciavardini (diventeranno poi 26, prima di ottenere nel 2009 la semilibertà), esponente dei Nar, minorenne all'epoca dei fatti. Il suo coinvolgimento emerge attraverso le testimonianze di Angelo Izzo, arrestato nel 1975 per il Massacro del Circeo e della militante neofascista Raffaella Furiozzi, catturata il 24 marzo 1985 dopo un conflitto a fuoco, durante il quale perse la vita il suo ragazzo Diego Macciò. Ulteriori processi sono stati celebrati dal 2017 al 2020 e dal 2020 al 2022.

Eppure la verità su ciò che accadde quel 2 agosto del 1980 sembra essere ancora lontana. I mandanti dell'attentato non sono mai stati chiariti e nuove piste continuano a spuntare continuamente.

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